Interviste e percorsi

Interviste e percorsi

Dai tuoi interessi al mondo del lavoro

L’intelligenza artificiale si potenzia con il sapere umanistico

Intervista a Pietro Monari, a cura di Gianluca Dotti

Immagine di copertina per gentile concessione di Pietro Monari

Unire le conoscenze tecnologiche a quelle musicali per creare percorsi educativi che offrano una visione interdisciplinare, ma anche fare ricerca sui metodi creativi applicati al coding all’interno della realtà modenese per cui attualmente lavora, Ammagamma. Così il fisico, educatore e formatore Pietro Monari vuole portare l’intelligenza artificiale e le sue applicazioni nel mondo della scuola e della formazione. Negli ultimi anni si sta specializzando nel learning design, proponendo nuove esperienze di apprendimento, sulla base di un contesto lavorativo sempre più dinamico e in continua evoluzione.

INDICE

  • Parliamo di intelligenza artificiale con Pietro Monari
  • Quali sono le competenze più richieste e necessarie per svolgere il suo lavoro?
  • Come si svolge, nella pratica, la sua attività lavorativa quotidiana?
  • Quanto è stata importante – nel suo percorso – la formazione scolastica canonica, e quanto invece ha imparato dopo oppure lateralmente?
  • Quali aspetti apprezza di più del suo lavoro e trova più stimolanti?
  • Qual è, dal suo punto di vista, il valore aggiunto del mettere a sistema le conoscenze scientifiche con quelle umanistiche?

Parliamo di intelligenza artificiale con Pietro Monari

Pietro Monari, quali sono le competenze più richieste e necessarie per svolgere il suo lavoro?

Pur avendo una formazione sbilanciata sul versante tecnico-scientifico, ho sempre cercato di arricchire il mio bagaglio culturale con conoscenze umanistiche. Questo credo sia fondamentale per astrarre e per traslare schemi dall’una all’altra disciplina, promuovendo flessibilità e capacità di adattamento, ossia la base per la creazione di figure professionali ibride e adattabili a contesti differenti. Mi spiego meglio: nei laboratori dove si progetta il futuro non servono solo le competenze tecniche sull’intelligenza artificiale, ma anche quelle umanistiche, per essere in grado di analizzare le implicazioni sociali, etiche e morali. Così diventa possibile valutare complessivamente l’impatto di queste nuove tecnologie sulla collettività, anche in una situazione come quella odierna in cui l’evoluzione degli strumenti che abbiamo a disposizione è rapidissima.

Sono fermamente convinto anche dell’importanza della continua formazione, soprattutto nell’ambito delle competenze soft, come per esempio il problem solving, la capacità di comunicare e lavorare in team per collaborare con professionisti provenienti anche da percorsi di formazione molto diversi. Solamente così diventa possibile mettere a disposizione il proprio sapere per il progresso della società e lo sviluppo della ricerca in tutti gli ambiti: dalla sanità alla giustizia fino al mondo della scuola. Tutto questo è ancora più evidente nel contesto dell’intelligenza artificiale, dove collaborare è necessario ed è invece impossibile ottenere grandi risultati in maniera autonoma.

Come si svolge, nella pratica, la sua attività lavorativa quotidiana?

In questo momento il mio lavoro è composto da molti filoni differenti e in un certo senso complementari. In qualità di project manager, nella mia azienda mi occupo sia della parte di ideazione e progettazione di attività formative sia della loro realizzazione effettiva. Nella mia settimana tipo, investo molto tempo nella progettazione di esperienze, nella comunicazione e nel trasferimento di informazioni all’interno del contesto scolastico e del mondo del lavoro. Per il resto, svolgo delle lezioni – con ragazzi e adulti – e mi occupo di questioni organizzative e burocratiche, forse meno affascinanti di per sé ma certamente indispensabili. Non esiste quindi una giornata tipo, ma tutto varia in base al progetto su cui sto lavorando, che può essere un incontro nelle scuole oppure un corso destinato ai lavoratori delle aziende. Ci tengo a precisare che la mia attività lavorativa varia molto rapidamente e si adatta all’evoluzione tecnologica: oggi mi occupo prevalentemente di formazione di ragazze e ragazzi in età scolare, ma in futuro queste attività potranno essere superate da nuove idee.

Quanto è stata importante – nel suo percorso – la formazione scolastica canonica, e quanto invece ha imparato dopo oppure lateralmente?

Non avendo scelto un percorso lavorativo tradizionale e in linea con la mia specializzazione, tante cose le ho imparate con il tempo. Ancora oggi continuo a scoprire argomenti nuovi e ho sempre la necessità di informarmi e formarmi sulle tecnologie emergenti, sui software rilasciati e sulle loro applicazioni, dall’ambito educativo a quello – per esempio – giuridico. Le esperienze del percorso di studi, oltre a fornire le conoscenze di base, diventano fondamentali se le si riesce a trasformare e adattare al contesto di riferimento. La formazione accademica in fisica e, più in generale, il mio percorso di studi sono stati fondamentali per permettermi di districarmi anche in contesti non perfettamente in linea con il mio percorso scolastico. Di base, non ci si deve mai fermare: le conoscenze scientifiche, in particolare nell’ambito dell’intelligenza artificiale, evolvono talmente in fretta che quello che funziona in questo momento non è detto che continuerà a essere valido nel prossimo futuro.

Quali aspetti apprezza di più del suo lavoro e trova più stimolanti?

Ritengo molto utile e formativo l’aspetto relazionale con gli altri, perché permette di ricevere continuamente nuovi stimoli per creare valore, in ambito educativo e non solo. Per esempio, i feedback al termine delle lezioni o delle conferenze sono la chiave per indirizzare il da farsi e per valutare all’atto pratico ciò che è stato ideato e realizzato. La formazione è prima di tutto condivisione del sapere, per questo cerco di mettermi a disposizione degli altri per contribuire a raggiungere gli obiettivi, individuali o collettivi che siano. Apprezzo molto anche il fatto di creare esperienze formative in grado di unire ambiti differenti, dalla musica all’intelligenza artificiale fino alle discipline umanistiche. Per esempio, capire che cosa si nasconde dietro al suono degli strumenti musicali, a cominciare dal posizionamento dei buchi di un semplice flauto dolce, è una sfida affascinante per gli studenti e molto formativa, sia per loro sia per gli insegnanti.

Qual è, dal suo punto di vista, il valore aggiunto del mettere a sistema le conoscenze scientifiche con quelle umanistiche?

Chi sviluppa intelligenza artificiale e promuove lo sviluppo in questo settore non può fermarsi alla dimensione tecnica, ma deve cercare di unire saperi differenti, trovando il punto di incontro tra filosofia, tecnologia e scienza. Conoscere le implicazioni dell’intelligenza artificiale generativa (dal chiacchieratissimo ChatGPT a Gemini – ex Bard – sviluppato da Google) è un compito che deve iniziare a livello educativo, a partire già dalla formazione nelle scuole. Lo stesso discorso credo valga per le conoscenze storiche e umanistiche: queste permettono di avere una visione di insieme e di indirizzare la ricerca scientifica e quella tecnologica di frontiera nella giusta direzione, anche nel rispetto della dimensione etica e morale.