Interviste e percorsi

Interviste e percorsi

Dai tuoi interessi al mondo del lavoro

Tra montagne e ghiacciai per raccontare il clima che cambia

Intervista a Daniele Cat Berro, laureato in Scienze forestali, meteorologo e climatologo

Collaboratore della Società meteorologica italiana e redattore della rivista e del sito Nimbus, nonché operatore del Comitato glaciologico italiano, Daniele Cat Berro si occupa di analisi di eventi e di lunghe serie di dati meteorologici, di monitoraggio del clima e dei ghiacciai delle Alpi occidentali e di divulgazione delle scienze dell'atmosfera e dell'ambiente attraverso lezioni, conferenze, pubblicazioni ed esposizioni a tema*. Giornalista pubblicista, scrive di meteo e clima sul quotidiano La Stampa, edizione di Torino. Dal Canavese è approdato in Val Susa, dove vive e lavora in una casa equipaggiata di pannelli solari, fotovoltaici e orto di fronte al monte Orsiera. Da trent'anni cammina nel suo ambiente naturale, tra sentieri e vette delle Alpi occidentali.

INDICE

  • Come descriverebbe il suo lavoro in poche parole?
  • Entriamo allora più nel dettaglio delle sue attività….
  • Come è  arrivato a fare quello che che fa?
  • Oggi che strada si deve seguire per lavorare nell’ambito della climatologia e della meteorologia?
  • Quali sono le possibilità di lavoro?
  • Quali sono gli aspetti più entusiasmanti e più critici del suo lavoro?
  • Quali consigli si sente di dare a chi volesse avvicinarsi alla sua professione?
  • SCIENZA IN PRATICA – Come si svolgono le misure al ghiacciaio?

  Come descriverebbe il suo lavoro in poche parole?

Non è facile, posso dire che mi occupo di progetti di ricerca, cultura e di comunicazione legati al mondo della meteorologia e del clima. Per fare qualche esempio: mi capita di scrivere articoli per un quotidiano, organizzare la logistica di una misurazione su un ghiacciaio, aggiornare la banca dati di un osservatorio meteorologico, aggiornare il sito dell’associazione di cui faccio parte, rivedere i testi di un un libro, preparare i pannelli di una mostra sul clima, rispondere a interviste come quella che stiamo facendo.

Entriamo allora più nel dettaglio delle sue attività….

Mi occupo di tante cose. Faccio parte di un’associazione, la Società meteorologica italiana (SMI), che si propone di studiare e divulgare la meteorologia, la climatologia e la glaciologia. Seguo il lavoro di gestione dell’associazione: curo il rapporto con i soci, rispondo alle telefonate, alle email, alle proposte, ma una gran parte del lavoro riguarda la rivista Nimbus, il nostro principale organo di informazione, che esce due volte all'anno. Il lavoro è tutto fatto “in casa”, a parte la stampa e la confezione, naturalmente, dalla cura dei testi – di cui in qualche caso siamo autori – alla ricerca delle foto, all’impaginazione, fino ai rapporti con la tipografia. Mi occupo poi di aggiornare il sito con notizie ed eventi. Lavoro prevalentemente al computer, nel mio studio, salvo quando esco per le misurazioni sui ghiacciai in alta montagna o per l’attività di conferenze per il pubblico.

Oltre al lavoro di gestione dell’associazione, con i miei colleghi svolgo attività di ricerca legata al mantenimento degli osservatori meteorologici storici, alla raccolta dei dati e alla conservazione delle statistiche climatologiche: si tratta a volte di aggiornare serie già digitalizzate, altre volte di recuperarle da zero a partire dai registri manoscritti originali. Lo abbiamo fatto ad esempio ultimamente con la serie di dati dell’osservatorio di Piacenza, che non era mai stata interamente digitalizzata e che sarà la base per un libro sul clima locale che pubblicheremo nel 2023.

Restando nel campo della comunicazione, nel 2022 per esempio ho lavorato alla ricerca di contenuti e alla progettazione dei pannelli di una mostra sul clima e i ghiacciai del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Si chiama Climapark ed è un’esposizione permanente visitabile tutti i fine settimana alla diga del Teleccio, in Valle Orco. Mi occupo poi della diffusione delle nostre previsioni del tempo, attraverso la radio e la carta stampata. In passato ho curato una rubrica settimanale su La Stampa con le previsioni per il fine settimana. Era un racconto su che cosa fare o non fare nel fine settimana in base al tempo. Oggi seguo per le pagine di Torino la cronaca meteorologica, con l'obiettivo di aiutare i lettori a collocare correttamente gli eventi climatici che si susseguono, fornendo loro un riscontro storico perché possano capire se l’evento in questione è normale oppure no.

Infine c’è l'attività di misura sui ghiacciai, che spesso si risolve in poche ore ma prevede una fase di preparazione che può durare diversi giorni: bisogna cercare la data giusta in cui sia previsto tempo stabile, accordarsi con i collaboratori e la logistica locale , e quando si lavora nel Parco Nazionale del Gran Paradiso – come nel caso del ghiacciaio Ciardoney - ottenere i permessi di sorvolo visto che le attrezzature per la misura vanno necessariamente portate in elicottero (vedi scheda Come si svolgono le misure dei ghiacciai?).

Come è arrivato a fare quello che che fa?

Il mio è stato un percorso estremamente non convenzionale. Fin da piccolo sono stato appassionato di meteorologia. Quando ancora facevo il liceo ho incontrato più o meno per caso la Società meteorologica italiana, presieduta da Luca Mercalli, e ho cominciato a seguirla partecipando agli incontri con i soci. Osservavo cosa facevano quelli che poi sarebbero diventati i miei colleghi e ho capito che volevo diventare come loro. Ho iniziato una collaborazione che si è via via intensificata e dopo il corso di laurea in Scienze forestali è diventata la mia professione.

Oggi che strada si deve seguire per lavorare nell’ambito della climatologia e della meteorologia?

Oggi sono più numerose le opportunità per chi è appassionato di meteorologia, climatologia, ghiacciai e temi affini. Un percorso canonico prevede l’iscrizione al corso di laurea in fisica, o in seconda battuta scienze naturali, e una specializzazione durante gli studi o successiva. Per esempio a Torino nell'ambito del corso di laurea in Fisica esiste la materia Fisica per il sistema terra e per il mezzo circumterrestre, a Bologna c’è la laurea magistrale in Fisica del sistema Terra, all’Università di Roma “Tor Vergata” c'è il curriculum in Fisica dell’atmosfera e meteorologia nel quadro del corso di laurea triennale in Fisica. L’Università di Napoli “Parthenope” propone il corso di laurea triennale in Scienze Nautiche, Aeronautiche e Meteo-oceanografiche, mentre a Trento esiste un corso di laurea magistrale in Meteorologia ambientale organizzato congiuntamente dalle Università di Trento e di Innsbruck. Anche all’estero naturalmente ci sono diverse possibilità.

Da non dimenticare i corsi di laurea in Ingegneria ambientale, offerti da diverse università e politecnici italiani, in cui non si parla tanto di meteorologia ma di tutte le applicazioni collegate.

Ci sono poi i corsi post-laurea, come il dottorato in Scienza e gestione dei cambiamenti climatici all’Università “Cà Foscari” di Venezia o il master di secondo livello in Meteorologia e oceanografia fisica dell’Università del Salento e Università Parthenope.

Quali sono le possibilità di lavoro?

Rispetto a qualche decennio fa è cresciuta la specializzazione e di conseguenza è aumentato il numero di figure lavorative coinvolte. C’è chi si occupa strettamente di previsioni del tempo, chi invece dei modelli matematici che sono alla base delle previsioni meteorologiche e climatiche, chi di comunicazione e divulgazione scientifica. Una branca che si sta sviluppando sempre di più è quella della gestione del territorio alla luce dei cambiamenti climatici.

Si può lavorare nelle diverse agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, le cosiddette Arpa, nei centri funzionali, oppure restare all’università per fare ricerca e insegnare. C’è infine chi sceglie la libera professione e magari apre uno studio di consulenza ambientale, dipende naturalmente anche dal percorso di studi seguito e dalla propria specializzazione.

Quali sono gli aspetti più entusiasmanti e più critici del suo lavoro?

Le soddisfazioni sono tante. Per esempio, grazie a questa attività molto trasversale ho avuto l'opportunità di conoscere tantissime persone molto preparate e disponibili, da cui ho imparato tantissime cose e con le quali c'è un continuo scambio di conoscenze. Un altro motivo di soddisfazione è la consapevolezza di trattare e comunicare questioni cruciali per il futuro dell'umanità. È una grande responsabilità, soprattutto quando ho di fronte un pubblico di giovani e giovanissimi, che saranno i cittadini di domani, o quando parlo a una platea estesa, come durante un’intervista in televisione o alla radio.

Quello che considero l’ostacolo principale è invece il rifiuto da parte di alcuni di accettare il consenso scientifico su un tema così importante come la crisi climatica. Da decenni ormai sappiamo che il Pianeta sta subendo un riscaldamento globale dovuto in massima parte alle attività umane legate al consumo di combustibili fossili. Eppure qualcuno si ostina a non crederlo, qualche volta in malafede, e a rallentare l’azione. Quando tengo conferenze mi piacerebbe non perdere tempo a convincere il pubblico sulle cause della crisi, ma piuttosto raccontare le soluzioni.

Gli altri aspetti critici sono quelli che riguardano tutti i lavori da libero professionista: non si bada a orari, ferie e giorni di malattia e il lavoro rischia di diventare pervasivo. Nel mio caso a volte succede, ma mi piace quello che faccio. Non riuscirei a tenere certi ritmi se facessi un lavoro che non mi piace.

Quali consigli si sente di dare a chi volesse avvicinarsi alla sua professione?

Prima di tutto dovrebbe cercare di capire qual è la propria propensione, quali sono gli argomenti che lo interessano in particolare, viste le tante specializzazioni di cui parlavamo, e scegliere il percorso di studi più affine. Poi via via scoprirà la sua strada, che sia la carriera accademica o il lavoro da libero professionista. In ogni caso a sostenerlo deve esserci una certa dose di passione, senza la quale è difficile ottenere buoni risultati.

SCIENZA IN PRATICA

Come si svolgono le misure al ghiacciaio?

Con le misure al ghiacciaio Ciardoney abbiamo due appuntamenti all'anno, uno a fine primavera e uno a fine estate. Tra la fine di maggio e l’inizio di giugno saliamo in quota e misuriamo lo spessore e la densità della neve sul ghiacciaio per calcolare l'equivalente in acqua, vale a dire quanta acqua si è immagazzinata durante l'inverno sotto forma di neve. Per fare questo facciamo una serie di campionamenti dello spessore della neve con sondini da valanga lungo il ghiacciaio e scaviamo delle buche nivometriche, delle specie di trincee grazie alle quali possiamo prelevare campioni lungo tutto il profilo verticale del manto nevoso, dalla superficie esterna fino a toccare lo strato – di neve o ghiaccio – rimasto scoperto alla fine dell'estate precedente. I campioni di neve vengono pesati: conoscendo spessore e densità del manto nevoso si ottiene l'equivalente in acqua. Quest’anno eravamo ai minimi storici, in media erano circa 400 millimetri di acqua, ossia un quarto del normale.

Torniamo poi a settembre, a estate conclusa ma prima delle nuove nevicate, per calcolare quanta neve e quanto ghiaccio sono fusi durante l'estate. A questo scopo ci sono delle paline di legno nel ghiaccio ad alcuni metri di profondità: via via che emergono permettono di calcolare la perdita di spessore del ghiaccio. Quello che si ottiene è il cosiddetto bilancio di massa, la differenza tra l’accumulo invernale e la fusione estiva, che è un diretto testimone delle condizioni climatiche.

 *Tra i volumi di cui è stato coautore Daniele Cat Berro, per edizioni SMS: Atlante climatico della Valle d'Aosta (2003); Climi, acque e ghiacciai tra Gran Paradiso e Canavese (2005); Duemila anni di clima in Val Susa (2018); Ultimi Ghiacci. Clima e ghiacciai nelle Alpi Marittime (2020).

Daniele Cat Berro - Misura del ghiacciaio

Per gentile concessione di Daniele Cat Berro

Daniele Cat Berro - Misura del ghiacciaio
Per gentile concesione di Daniele Cat Berro