Interviste e percorsi

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I numeri delle professioni: infermieristica

Quanti infermieri e infermiere ci sono in Italia, in quali settori lavorano e quali sono le richieste del mercato

Quanti sono gli infermieri e le infermiere

In Italia oggi ci sono 456 mila persone iscritte agli albi professionali degli ordini delle professioni infermieristiche (di cui 9,6 mila con specializzazione pediatrica) e il 77% sono donne. Sul totale delle persone iscritte all’albo professionale, solo una parte è attiva: circa 343 mila persone, di cui 290 mila impiegate nel Servizio sanitario nazionale (275 mila a tempo indeterminato e 15 mila a tempo determinato), secondo i dati che ci sono pervenuti dalla FNOPI (Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche). Le altre 45 mila persone svolgono attività di libera professione, in base a quanto riportato dal bilancio consuntivo 2021 dell’ENPAPI (Ente di previdenza degli infermieri).

Circa 6 su 10 lavorano nel settore pubblico, cioè in strutture del Servizio sanitario nazionale o convenzionate con esso. La proporzione uomini-donne è sbilanciata a favore delle seconde, in tutte le regioni italiane (Figura 1).

Figura 1

Infermieri - Zanichelli - Cristina Da Rold
Infogram

Il confronto con il resto dell’Europa

Sono numeri più bassi rispetto al resto d’Europa e rispetto anche al fabbisogno stimato. L’Italia conta infatti meno persone che operano in ambito infermieristico rispetto a quasi tutti i Paesi dell’Europa occidentale, e il loro numero in rapporto alla popolazione è inferiore del 25% rispetto alla media UE (dato fornito dal Rapporto della Commissione europea State oh Health in The UE – Italia, profilo della Sanità 2021). Secondo i dati OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) riferiti all’anno 2020, per quanto riguarda infermieri e infermiere, l’Italia ha un rapporto di 6,2 per 1000 abitanti, contro una media europea di 8,2 e oltre 11 per 1000 di Norvegia, Germania e Francia.

Quali sono le necessità attuali

Se consideriamo i numeri che dovrebbero essere previsti nei contesti di cura (Ospedali, RSA ecc.), secondo i parametri medi nazionali e internazionali, il rapporto dovrebbe essere di 1 ogni 6 persone assistite nelle strutture assistenziali per l’età adulta e di 2 ogni 6 nei servizi specialistici come i reparti di pediatria o di terapia intensiva. Eppure, l’Italia si assesta da anni su una media di 1 ogni 11 persone assistite, con punte massime in alcune Regioni fino a 1 ogni 17-19 persone assistite. L’ultimo rapporto di AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali), datato ottobre 2022, stima un fabbisogno totale di personale infermieristico compreso tra 19 450 e 26 850 persone. Anche le associazioni che gestiscono le RSA (Residenze sanitarie assistenziali, note anche come “case di riposo”) sono in affanno: dichiarano una carenza del 40% del personale infermieristico, pari a 12 000 persone in più che sarebbero necessarie per garantire l’assistenza dovuta.

Quali sono le prospettive

Il quadro di riferimento nei prossimi anni è il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), approvato nel 2021 dall'Italia per rilanciarne l'economia dopo la pandemia di COVID-19. Le aspettative del PNRR sono di un aumento del personale infermieristico di 30 mila unità: 20 mila per far fronte all’introduzione delle nuove figure di infermiere e infermieri di comunità, previsti in un rapporto di 1 ogni 3000 abitanti; mentre altre 10 mila persone dovrebbero essere impiegate nelle 1200 nuove ‘case di comunità’ previste dal PNRR.

Il ruolo della formazione

Chiaramente la chiave sarà la formazione, cioè quante giovani persone laureate riusciremo ad avere nei prossimi anni, considerando i pensionamenti.

Il 41,2% delle persone iscritte agli albi delle professioni infermieristiche ha dai 45 ai 54 anni, un altro 17,7% ha dai 55 ai 59 anni. Le persone nella fascia tra 25 e 29 anni sono solo il 7%, mentre quelle sotto i 25 anni (cioè le persone neolaureate) non raggiungono l’1%.

Stando ai conteggi della FNOPI, nel settore infermieristico ogni anno vanno in pensione circa 30-33 mila persone, ossia l’8,6% del personale attivo. I pensionamenti del 2020 sono stati 23 738, di cui 17 810 donne e 5923 uomini,  l’8,6% del personale infermieristico rilevato dal Conto annuale, cioè delle persone dipendenti del SSN.

Nel frattempo si laureano poche persone: anche complice il numero chiuso, l’Italia è agli ultimi posti per numero di persone laureate nel settore infermieristico rispetto ai Paesi OCSE. Dei 400 mila posti per le matricole richiesti negli ultimi 20 anni, dal 2001 al 2021, l’università ne ha resi disponibili circa 307 000. La programmazione funziona così: a settembre l’università stima il potenziale formativo, e le regioni e le associazioni di categoria il fabbisogno. Poi il Ministero della Salute pubblica il numero (la “determinazione”) per ogni regione e il MIUR i posti per ogni ateneo.

Nell’anno accademico 2022/2023 i posti messi a disposizione per le matricole sono stati circa 19 375 per la laurea triennale in Infermieristica e 264 per la laurea in Infermieristica pediatrica. Il dato è maggiore rispetto all’anno precedente dell’11,4%, ma inferiore di quasi 5000 unità (cioè il 25%) rispetto alla richiesta delle Regioni. Nell’anno accademico 2021/2022 (Figura 2) a Scienze infermieristiche ci sono state 17 394 iscrizioni su 27 658 domande presentate, che significa il 37% di non ammessi. Nell’anno accademico precedente, 2020/2021, non era stato ammesso alla laurea triennale il 35% dei ragazzi e delle ragazze che avevano fatto domanda, cioè 8534 persone.

Oggi lavorano all’estero 20 000 persone che hanno studiato infermieristica in Italia, di cui il 13% circa si è trasferito negli ultimi 5-6 anni.

Figura 2

Copy: Infermieri - Zanichelli - Cristina Da Rold
Infogram

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