Interviste e percorsi

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Dai tuoi interessi al mondo del lavoro

Saper leggere tra le righe del mondo

Intervista a Monica Bedana, “linguacultrice” e direttora di un’università spagnola in Italia

Immagine di copertina per gentile concessione di  Monica Bedana

Monica Bedana è un’ispanista, una traduttrice letteraria ed editoriale, dallo spagnolo, per case editrici e testate giornalistiche. Dirige inoltre la Scuola di spagnolo dell’Università di Salamanca in Italia, dove studiano aspiranti traduttori di letteratura e insegnanti di spagnolo delle scuole secondarie di primo e secondo grado. Infine, lavora come interprete di autori e autrici ispanoparlanti di letteratura.

​INDICE

  • Che cosa trova più esaltante del suo lavoro?
  • Ci racconta che cosa fa di preciso?
  • Come si svolge una sua giornata tipo?
  • Tra le esperienze che ha maturato, quali sono le più utili per il suo lavoro?
  • Perché ha scelto questo lavoro?
  • Come si arriva a fare il suo lavoro?
  • CONCETTI IN PRATICA – Ci può fare un esempio di un progetto?
  • LE PROFESSIONI – La traduzione

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Che cosa trova più esaltante del suo lavoro?

Il fatto di arrivare a leggere dentro le righe di ogni testo, e per testo intendo non solo un documento scritto, ma anche le persone e la realtà che queste abitano, che abitiamo. L’essere umano è un testo, il mondo è il suo contesto. Non c’è traduzione che possa prescindere da questa consapevolezza di partenza, e si tratta anche di competenza scientifica a tutto tondo, per quanto i luoghi comuni parlino di ispirazione, talento o propensione, quando si riferiscono al lavoro umanistico. Ogni pensiero e ogni atto dell’essere umano sono una traduzione: la messa in funzione di una tecnologia talmente sofisticata, unica, inimitabile e, al tempo stesso, egualitaria, che ha richiesto almeno 50.000 anni di evoluzione per essere collaudata e diventare affidabile. Essere consapevole di possedere questa tecnologia, del fatto che il suo funzionamento costituisca non solo la condizione necessaria per ogni apprendimento ma anche il fulcro del consorzio umano, cioè del dialogo; è il nucleo duro del senso della nostra esistenza e anche della nostra capacità di sopravvivenza. Cosa può esserci di più esaltante che lavorare con e per questa tecnologia imbattibile?

Ci racconta che cosa fa di preciso?

Traduco opere di narrativa, poesia e saggistica divulgativa per le case editrici: questo significa essere traduttrice letteraria; ma traduco anche articoli di politica, scienza, economia, cultura o società per testate internazionali, e questo significa invece essere traduttrice editoriale. Qualche volta lavoro come revisore editoriale: aiuto a rivedere le traduzioni di altri colleghi, prima che vadano in stampa. Alla Scuola dell’Università di Salamanca, invece, insegno agli insegnanti di spagnolo delle scuole italiane nuove tecniche e nuove idee sulla didattica della lingua, che nel mio caso è una lingua speciale, per storia e vocazione: è una lingua che ne contiene molte - lo spagnolo si parla come lingua ufficiale in 22 Paesi, ma tra pochissimo saranno gli Stati Uniti il secondo Paese al mondo per numero di abitanti ispanoparlanti - e, tutte insieme, spanglish compreso!

Come si svolge una sua giornata tipo?

Mi alzo all’alba, quando fa ancora buio - anzi buio pesto, in inverno - ma mi piace il silenzio oltremodo, è la mia musica preferita: la prima abilità del traduttore è saper concentrarsi nell’ascolto e oggi questo è diventato un superpotere, se consideriamo l’enorme quantità di interruzioni, presunti stimoli e ripetuti incalzamenti che l’esterno ci scaglia addosso di continuo. Per questo le ore di buio le dedico in assoluta intimità alla traduzione dei testi, perché così posso ascoltare meglio le voci che contengono. Quando si fa giorno, inizio le attività di insegnamento, di divulgazione, di comunicazione; la traduzione per i giornali o per il web - che va sempre svolta in tempi strettissimi, come potete immaginare - o la progettazione e programmazione di nuovi corsi per la Scuola dell’Università di Salamanca. Il pomeriggio cerco di riservarlo allo studio – è il perno della mia vita; mentre la sera, alla lettura «solo per me», quella che mi conforta, che mi fa bene, che mi provoca piacere intellettuale e fisico al tempo stesso.

< h2>Tra le esperienze che ha maturato, quali sono le più utili per il suo lavoro?

Ora, che di anni di esperienza ne ho accumulati tanti, so che mi ha sempre guidata una citazione che appare in uno dei saggi dell’attivista afroamericana bell hooks (voleva che il suo nome venisse scritto in minuscolo, perché riteneva fossero più importanti le cause per le quali si batteva, che il suo nome), morta un anno fa, che più o meno dice: «Quando ti senti triste, impara qualcosa: è l’unico antidoto che funziona sempre. Scoprire perché il mondo si agita e cosa lo agita ti restituirà calma, equilibrio».

Voler imparare spinge a cercare: cercare maestri e fonti sicure, è stata questa, e continua a esserlo, l’esperienza più utile per il mio lavoro. Basta un piccolissimo nutrimento iniziale, per entrare in questo meccanismo virtuoso che si autoalimenta, si allarga, diventa metodo. Nel mio lavoro, insomma, mi ha aiutata chi mi ha insegnato la capacità di ascolto e di ricerca su ogni piano dello scibile, che si tramuta in capacità di interpretazione su molteplici livelli, utili al miglioramento della società.

Perché ha scelto questo lavoro?

Perché è rivoluzionario: la parola in sé lo è, è sempre rivoluzione dolce ma radicale, proprio perché parte dalla conoscenza di ogni radice. E l’ho scelto perché la mediazione è una speciale capacità di ascolto, comprensione e servizio di cui il mondo avrà sempre più bisogno.

Come si arriva a fare il suo lavoro?

Sono la prima laureata della mia famiglia e ho frequentato scuole e università pubbliche. Alle superiori ho fatto il liceo classico ed è stata una libera scelta, non ho mai ricevuto alcun orientamento. Successivamente ho frequentato il corso di laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne all’Università di Padova, dove eravamo pochissimi: soltanto sedici studenti nelle classi di spagnolo. Abbiamo quindi «fatto comunità», intellettuale e umana: credo di poter dire che tutti i miei insegnanti mi hanno davvero conosciuta bene, e che c’è stata sempre profonda fiducia da entrambe le parti: un requisito essenziale, irrinunciabile, quando s’insegna e s’impara. Credo che la fiducia reciproca possa nascere solo dal dal tempo che si dedica all’ascolto individuale profondo.

Grazie ai molti saperi messi in circolo dai docenti del mio Dipartimento padovano, scoprii l’Università di Salamanca, la sua storia, il legame intimo con la traduzione, l’umanesimo e la nascita del diritto delle genti. E così partii da sola, perché l’Erasmus non esisteva ancora. A Salamanca cercai altri maestri, li trovai, e li ho ancora. Lì mi sono specializzata in linguacultura e nella sua didattica, mentre la traduzione l’ho imparata sul campo, praticandola, perché i docenti che hanno avuto fiducia in me mi hanno fatto capire che ero pronta a lanciarmi. L’Università di Salamanca è stata la mia casa per più di vent’anni, e ora, da cinque anni, sto tentando che il modo di studiare e insegnare l’importanza delle linguaculture dello spagnolo imparato a Salamanca attechisca anche in Italia, come ha già fatto presa in Francia, nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Brasile, in Cina, nell’Africa subsahariana. Ogni linguacultura trasmette un modello sociale, oltre ad avere un’importanza geopolitica; lo spagnolo è statisticamente in crescita, e c’è bisogno di specialisti che accompagnino questa crescita. Conoscere questi dati è un’ottima base di partenza per chi immagina di fare il mio lavoro.

CONCETTI IN PRATICA

può fare un esempio di un progetto?

Il mio progetto più entusiasmante, in Italia, è quello di trasmettere ai ragazzi e alle ragazze le grandi possibilità professionali dello spagnolo attraverso dati concreti, che lo definiscono come scelta linguistica carica di futuro. Tra pochi anni gli Stati Uniti diventeranno il secondo Paese al mondo, dopo il Messico, per numero di ispanoparlanti: ciò significa potere d’acquisto, quindi potere politico. A Washington il Campidoglio parla sempre più in spagnolo: di 541 parlamentari, ben 102 si rapportano con i loro elettori direttamente in spagnolo, in base ai dati dell’Hispanic Council.

Lo scorso anno la NASA ha trasmesso per la prima volta in lingua spagnola l’atterraggio su Marte di Perseverance. Per azionare i comandi vocali dei nostri dispositivi elettronici, le multinazionali hanno bisogno degli ispanisti, imprescindibili per determinare quale sia lo spagnolo che «parleranno le macchine». Il progetto LEIA, coordinato delle Accademie   della Lingua, si occupa di questo e vi partecipano aziende come Microsoft, Google o Twitter. In Spagna, parte dei fondi del PNRR sono stati destinati al progetto della Nuova Economia della Lingua. Negli Stati Uniti gli studenti di spagnolo sono più di otto milioni: le cattedre di insegnamento sono sempre più numerose. In Cina lo spagnolo si studia per migliorare i rapporti commerciali con i Paesi dell’America latina, che sono il secondo maggior socio commerciale del gigante asiatico. Lo spagnolo è al terzo posto nella classifica mondiale delle lingue in funzione del loro contributo al PIL mondiale. I Paesi ispanoparlanti contribuiscono con l’11,3% alla produzione cinematografica mondiale... Potrei continuare per ore. Saper leggere dentro le righe del mondo significa anche questo: che la combinazione linguistica spagnolo-inglese è vincente. E io contribuisco, con l’Università di Salamanca, a far arrivare agli studenti italofoni e ai loro insegnanti questi dati, che sono un prezioso orientamento. 

LE PROFESSIONI

La traduzione

La traduzione è un’attività che viene svolta principalmente come libera professione o all’interno di strutture editoriali specializzate nella traduzione. Chi traduce solitamente si interfaccia con il committente, per esempio un’azienda editoriale, informatica o di videoproduzione, attraverso responsabili editoriali o di produzione.

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