Interviste e percorsi

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Dai tuoi interessi al mondo del lavoro

Rendere possibile il teatro: organizzare spettacoli e tournèe

Intervista a Vanja Vasiljevic, laureata in Scienze della musica e dello spettacolo e project manager teatrale

Immagine di copertina per gentile concessione di Vanja Vasiljevic

Vanja Vasiljevic è project manager presso il Teatro Stabile del Veneto, dove si occupa della progettazione europea, legata a tutto ciò che avviene “dietro le quinte” degli spettacoli e delle tournée teatrali. Ricerca, aspetti logistici, gestionali, relazioni con gli artisti; la giornata di Vasiljevic non permette certamente di annoiarsi, a patto di avere due caratteristiche: la passione per il teatro e l’innata propensione all’organizzazione e al problem solving.

​INDICE

  • Che cosa trova più esaltante del suo lavoro?
  • Ci spiega che cosa fa di preciso chi si occupa di project management in teatro?
  • Quali sono le caratteristiche della struttura per cui lavora?
  • Come si svolge una sua giornata tipo?
  • Tra le esperienze che ha maturato, quali sono le più utili per il suo lavoro?
  • Perché ha scelto questo lavoro?
  • Come si arriva a fare il suo lavoro?
  • Che cosa consiglia a chi vuole intraprendere la sua carriera?
  • CONCETTI IN PRATICA - Teatro e identità del territorio
  • LE PROFESSIONI -  Chi lavora in un teatro?

PER APPROFONDIRE

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Che cosa trova più esaltante del suo lavoro?

Ricordo che dopo la prima tournée che seguì come organizzatrice in prima persona, chiamai la mia collega senior e le dissi: «ma tu fai decisamente il lavoro più bello del mondo!». L’aspetto che più adoro è la versatilità del mio mestiere, perché è un’attività in continuo mutamento, che mi permette di dialogare con le persone – artisti e non solo – e di arricchirmi di stimoli. Ogni spettacolo è diverso e bisogna sapersi adattare, ma anche improvvisare, cosa fondamentale nel teatro, e io trovo tutto questo avvincente. Il mio è un lavoro epifanico, perché quando dopo settimane di lavoro, lo spettacolo va in scena per la prima volta e sentiamo il primo applauso, beh, si sente una sorta di catarsi.  

Un ulteriore aspetto che mi entusiasma molto è la parte di progettazione europea, e che ho modo di condurre in un contesto particolare come il teatro Stabile del Veneto. Mi piace capire come ricondurre l’attività teatrale a un pubblico più ampio e soprattutto come coinvolgerlo attivamente.

Ci spiega che cosa fa di preciso chi si occupa di project management in teatro?

Attualmente lavoro al Teatro Stabile del Veneto, dove mi occupo delle attività dell’Accademia Teatrale Carlo Goldoni, seguendo  organizzazione e programmazione a 360 gradi, ma anche e soprattutto di progettazione europea. Chi riveste il ruolo di project manager in teatro ha una visione completa di ciò che accade non solo nel “proprio” teatro ma anche nel panorama internazionale; è in grado di capire le esigenze dell’ecosistema dove il teatro è inserito e sa tradurre per e con la squadra dei progetti coerenti che rientrino in un budget, oltre a cercare i partner giusti per realizzarli. Dal lato pratico significa saper fare moltissime cose diverse e relazionarsi con persone diverse. Devo sapere su che cosa sta lavorando il marketing e la produzione, quali sono le tournée che stiamo progettando, le attività dell’accademia dei giovani attori. Ma è importante anche saper parlare con i facchini che scaricano le scenografie e con i giornalisti, saper impostare un preventivo o una procedura di agibilità INPS, oppure gestire la questione del diritto d’autore. 

La figura dedicata esclusivamente alla ricerca di fondi e alla progettazione europea è ancora molto nuova nel panorama teatrale italiano. Ci sono sempre stati – certo – gli organizzatori – ma solo negli ultimi anni sta emergendo una professionalità definita, con una formazione specifica alle spalle. Come struttura, io ha una referente e coordinatrice dell’area dove io opero, a cui propongo le mie idee, i bandi che trovo interessanti.

Quali sono le caratteristiche della struttura per cui lavora?

Chiaramente il Teatro stabile del Veneto è una realtà particolare, diversa rispetto a un piccolo teatro e per molti versi anche rispetto a un grande teatro. È un’associazione che ha come enti fondatori il comune di Venezia, il comune di Padova e la Regione del Veneto, che svolge dunque una funzione pubblica sul territorio, per connettere attraverso il teatro realtà che si occupano di cultura sul territorio. È uno dei sette teatri Nazionali italiani, cioè organismi finanziati dal Ministero della Cultura che svolgano attività teatrale di notevole prestigio nazionale e internazionale e che si connotino per la loro tradizione e storicità. Ci occupiamo principalmente di prosa, con una quarantina di produzioni nuove all’anno, fra cui una decina che poi vanno  in tournée, ma lavoriamo anche a progetti con le scuole, e nella formazione, con l’Accademia. Gestiamo tre teatri – il Goldoni a Venezia, il Verdi a Padova e il Teatro Mario del Monaco a Treviso, dove abbiamo una produzione diretta e ospitiamo anche lavori di altri.

Come si svolge una sua giornata tipo?

Non c’è una vera e propria giornata tipo; dipende dalle attività in programma durante la settimana. Normalmente arrivo in teatro verso le 9:30, insieme ai ragazzi dell’Accademia con i quali spesso devo interagire; altre volte la mattinata sono impegnata a organizzare la produzione legata agli allievi, a gestire gli accordi economici, talvolta nella scrittura dei contratti, o in riunioni con i registi. Le giornate per me più interessanti sono quelle in cui devo seguire fisicamente gli allestimenti, per esempio in questo periodo devo andare spesso a Venezia per un progetto alla Casa dei Tre Oci, dove stiamo allestendo una performance con i neodiplomati all’accademia dello Stabile con una grande regista. Dal lato pratico significa che mi devo coordinare con la squadra tecnica di quattro persone, con gli assistenti alla regia e parlare delle nuove necessità della regista, capire se sono fattibili e in che modo.  Di fatto c’è molto problem solving in questo tipo di attività.

Tra le esperienze che ha maturato, quali sono le più utili per il suo lavoro?

Per qualche anno sono stata tour manager – come lo chiamo io - presso il Teatro di arte contemporanea Elfo Puccini a Milano, e questa esperienza mi ha forgiata. Seguivo tutti gli aspetti della gestione delle tournée: mi coordinavo con il responsabile per vendere e distribuire lo spettacolo in altri teatri, gestivo la logistica e la parte gestionale per spostare fisicamente lo spettacolo in altri teatri. Io andavo personalmente in tournée con la compagnia, era come se io fossi il teatro in miniatura! Tutte le attività che riguardano uno spettacolo fuori sede passano per il tour manager, e sul campo ero da sola, che significava talvolta prendere delle decisioni – giuste! - in velocità. È un aspetto che una persona che ama risolvere i problemi come me non può che trovare affascinante. Questa esperienza all’Elfo mi ha permesso di sviluppare tutte le competenze sul campo, oltre a quelle che avevo acquisito con un master, che mi hanno permesso ora di iniziare a lavorare in una struttura articolata come il Teatro Stabile del Veneto. Un’altra esperienza cruciale per me è stata all’università, dove ho collaborato con una professoressa che lavorava a progetti europei. Il contatto con la progettazione internazionale è stato determinante per darmi prospettive più ampie.

Perché ha scelto questo lavoro?

L’amore per il teatro è scattato già al liceo, quando avevo partecipato a laboratorio di teatro. Fu tuttavia un amore prevalentemente per il contesto teatrale: sapevo già allora che non sentivo il richiamo artistico vero e proprio, non mi interessava diventare un’attrice o una regista. Volevo rendere possibile il teatro.

Come si arriva a fare il suo lavoro?

I miei studi sono stati piuttosto tradizionali: una laurea triennale in Scienze dei beni culturali a cui è seguita una laurea magistrale in Scienze della musica e dello spettacolo, per garantirmi le solide competenze storico-artistiche che una persona che vuole lavorare per il teatro deve avere. La chiave di volta professionalmente è stata tuttavia aver frequentato un master in Imprenditoria dello spettacolo dal vivo, a Bologna, a cui è seguito un tirocinio al teatro di arte contemporanea Elfo Puccini a Milano. Parallelamente collaboravo con compagnie teatrali in varie forme, imparando a bottega. Per me è stato un percorso naturale, basato sulla consapevolezza di una propensione all’organizzazione. Semplicemente questa vita mi faceva e mi fa stare bene.

Purtroppo in questo momento per le aree umanistiche la formazione universitaria è molto lontana dalla realtà lavorativa. Si studia benissimo la storia del teatro e dell’arte nelle sue varie forme, si esce dall’università molto competenti, ma dal lato pratico nessuno ti insegna come gestire un teatro o come funziona la distribuzione di uno spettacolo. Sono tanti gli aspetti che restano fuori dal percorso universitario, e l’unica opzione è frequentare un master, oggi ve ne sono diversi in Organizzazione dello spettacolo, oppure realtà come la Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano. Un altro aspetto cruciale oggi nel mondo dello spettacolo è, come dicevo, conoscere le dinamiche della progettualità europea.

Che cosa consiglia a chi vuole intraprendere la sua carriera?

Di buttarsi. Se si sente sinceramente il richiamo del teatro, la voglia di vivere lì dentro, io credo che sia importante iniziare a strutturare il proprio percorso di studi per orientarlo all’acquisizione delle competenze giuste. Si sente giustamente parlare delle difficoltà del mondo dell’arte, non solo del teatro, ed è assolutamente vero - non si diventa ricchi facendo questo lavoro e richiede sacrifici di tempo – ma al tempo stesso, e forse anche per questo, oggi c’è assoluto bisogno di persone competenti nel management. Spesso per le realtà più piccole sono gli artisti stessi a occuparsi dell’organizzazione, ma non sono persone formate nella gestione manageriale. Oggi invece esistono numerosi master in questo settore, a cui si accede con una laurea umanistica, anche in Lettere. Un altro aspetto di cui essere consapevoli è che contrattualmente vi sono molte possibilità: in alcuni casi si è assunti, a tempo determinato o indeterminato, mentre in altre realtà, spesso piccole, vi sono contratti di scrittura, regolamentati comunque da un contratto nazionale. L’organizzatore può essere scritturato, e talvolta può seguire più compagnie, per esempio come liberi professionisti con partita iva. Può avvenire anche che si abbiano dei periodi di disoccupazione, per esempio quando si viene scritturati. In questo caso, nei periodi in cui non si lavora – per esempio se capita ad agosto – si ha diritto all’indennità di disoccupazione.

Se si sceglie questa strada lo si fa prima di tutto per passione. Questo è un lavoro che sa dare tantissimo, perché non lavoriamo su prodotti ma su persone. È un ambiente umano come pochi altri. Se l’attore una sera rende poco, lo spettacolo non funziona, ed è compito dell’organizzatore prendersi cura anche di questo aspetto, artisti esigenti inclusi. Si convive con un aspetto di follia, che offre un milieu umano molto bello, che ti permette di vedere il mondo in maniera forte, intensa.

CONCETTI IN PRATICA

Teatro e identità del territorio

A conclusione del master è stato chiesto agli allievi di presentare un project work: un’idea progettuale sviluppata nei suoi elementi principali (analisi del contesto e dei bisogni, obiettivi generali e specifici, metodologia, azioni, risultati attesi) legata allo spettacolo dal vivo. Io ho presentato un progetto di Audience Development e partecipazione sociale per il quartiere periferico Barona di Milano. Si trattava di raccontare la storia e l’identità del luogo ai partecipanti con una performance itinerante e interattiva in cuffia. L’idea è stata poi sviluppata con una collega, andando a calarci nel profondo della situazione territoriale scelta, scoprendo le realtà, i luoghi di aggregazione sociale e culturale. Dopo mesi di analisi, ricerche e studi, il progetto è stato presentato al Comune di Milano insieme a una regista, e in seno a un’associazione culturale, ed è stato ampliato a diversi quartieri periferici della città di Milano. Recentemente, il Comune ne ha rifinanziato un seguito nel contesto del progetto Milano è Viva.

Era I Fantasmi di Milano, un progetto culturale con una profonda valenza sociale, che si è arricchito grazie al dialogo con operatori, istituzioni e cittadini e che ha avuto un peso importante nelle comunità.

LE PROFESSIONI

Chi lavora in un teatro?

Le opere teatrali richiedono il lavoro di molte persone con professionalità diverse, da chi recita e si occupa della regia, a chi rende tecnicamente possibile la messa in opera dello spettacolo, da chi si occupa della ricerca dei fondi a chi permette la diffusione della conoscenza.

Qui di seguito sono elencate le figure professionali principali suddivise per area di competenza.

  • Area tecnica: macchiniste e macchinisti, elettricisti ed elettriciste, foniche e fonici, direttrici e direttori di scienza, sarti e sarte
  • Area artistica: registe e registi, assistenti alla regia o aiuto regia, attori e attrici, danzatrici e danzatori, scenografi e scenografe, costumiste e costumisti e loro assistenti
  • Area comunicazione: persone che si occupano del marketing, dell’ufficio stampa e del management dei social media
  • Amministrazione: chi si occupa di risorse umane e contabilità
  • Area produzione: persone addette alla produzione e responsabili di produzione, amministratori e amministratrici di compagnia (tour manager)