Interviste e percorsi

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Dai tuoi interessi al mondo del lavoro

Costruire strumenti musicali

Intervista a Tommaso Rovetta, liutaio ed esperto di diagnostica scientifica degli strumenti musicali

Immagine di copertina per gentile concessione di Tommaso Rovetta

Tommaso Rovetta è una persona eclettica che si è costruita un’attività lavorativa su misura. Si occupa infatti di tre attività sostanzialmente diverse ma connesse tra di loro. È un liutaio e costruisce strumenti ad arco, è coordinatore didattico delle attività formative dell’Accademia Liuteria Piemontese San Filippo di Torino e infine, a Cremona, si occupa di diagnostica scientifica applicata all'analisi dei materiali degli strumenti musicali storici.

INDICE

  • Di che cosa si occupa in quanto liutaio?
  • Per costruire strumenti musicali è necessario essere musicisti?
  • Quali sono le cose che la appassionano di più?
  • Ci racconta come è arrivato a fare quello che fa?
  • Che cosa consiglierebbe a chi vuole intraprendere la sua professione?
  • LE PROFESSIONI - Costruire uno strumento musicale
  • CONCETTI IN PRATICA - La storia del “Messia” di Stradivari

Di che cosa si occupa in quanto liutaio?

Il liutaio è un artigiano che costruisce e ripara strumenti musicali ad arco (violini, violoncelli, viole) e a pizzico (liuti, chitarre, mandolini).

Per costruire strumenti musicali è necessario essere musicisti?

Non è fondamentale essere musicista per intraprendere la professione di liutaio, ma sei certamente agevolato. Quando costruisci uno strumento lo fai seguendo un metodo che prevede alcune condizioni (misure, distanze, spessori) oramai standardizzate. Le fasi finali della finitura e dell’adattamento di tutte le parti mobili vanno a definire lo strumento non solo dal punto di vista timbrico, ma anche relativamente alla sua “suonabilità”. Se sai suonare, riesci quindi a identificare subito eventuali problemi di set up.

Quali sono le cose che la appassionano di più?

Sono sempre stato interessato a capire come sono fatte le cose, e realizzarle mi permette di comprendere la fatica che serve per ottenere un risultato. Forse per questo mi è scattata la scintilla quando mi sono approcciato alla costruzione degli strumenti ad arco. Per costruire uno strumento musicale trasformi la materia, hai un materiale grezzo che plasmi in qualcos’altro. E lo fai con un’infinita serie di azioni che si ripetono mai uguali a sé stesse, che ti portano in una dimensione in cui tutti i sensi sono stimolati. Quando riesco a mettermi al banco di lavoro vivo un momento di isolamento e riscoperta che mi permette di riappropriarmi dei miei tempi. Un’altra cosa molto bella nel costruire uno strumento musicale artigianale è la sua versatilità timbrica: ogni musicista infatti ha il suo carattere, ed è in grado di trasmetterlo allo strumento. È bello realizzare un oggetto che può avere molte sfaccettature, molti suoni diversi.

Invece la cosa che mi piace di più del mio ruolo di coordinatore dello spazio di formazione all’Accademia Liuteria Piemontese San Filippo è l’opportunità di lavorare con dei professionisti che seguono gli studenti come se fossero in bottega e condividono le loro competenze. La liuteria è un settore dell’artigianato in cui ciascuno cerca di preservare i propri segreti e penso sia una scelta un po’ fuori dal tempo. Scardinare un po’ queste dinamiche, cercando di condividere sempre di più e fare rete, serve a tutti per approfondire e crescere.

Il suo lavoro è la dimostrazione di come un approccio scientifico può convivere con una certa componente artistica e creativa.

Ci racconta come è arrivato a fare quello che fa?

Il mio è stato un percorso un po’ articolato ma in realtà abbastanza lineare. Sono sempre stato appassionato di arte e musica ma la mia curiosità nel voler capire come funzionano le cose mi ha portato a scegliere alle superiori il liceo scientifico sperimentale. Nel frattempo, la mia passione per il mondo artistico si è amplificata e quando ho dovuto scegliere l’università mi sono iscritto a Padova al corso di Scienze e tecnologie per i beni archeologici ed artistici, che mi ha portato a diventare un tecnico diagnosta esperto nell’analisi dei materiali dei beni culturali.

Un’altra passione che mi sono sempre portato dietro è quella per la musica. Alle superiori suonavo la chitarra in un gruppo ska-punk ma è durante l’università, quando ho iniziato ad appassionarmi al cantautorato e alla musica folk, che mi sono imbattuto per la prima volta negli strumenti ad arco. Nella band c’era anche un violinista che un giorno mi ha espresso il desiderio di realizzare in prima persona lo strumento che avrebbe suonato. Non avevo mai pensato a questa possibilità e tramite un amico falegname sono riuscito a procurarmi delle tavole di abete rosso di risonanza. Il mio amico violinista, alla fine, non ha più portato avanti il progetto, e dopo un annetto di permanenza di queste tavole in casa, ho deciso di provarci io.

Ho cercato di capire quali fossero i metodi e i processi di costruzione, informandomi e comprando dei libri sulla liuteria. Da lì è esplosa la passione. A questo punto ho provato a traghettare il mio nuovo interesse all’interno del mio percorso accademico proponendo una tesi triennale sui fenomeni di alterazione delle vernici applicate ai pianoforti. I miei docenti per la tesi magistrale non mi hanno dato spazio per farne un’altra sugli strumenti musicali ma a quel punto avevo capito quello che volevo fare: volevo avvicinare le mie due anime, quella artistica e artigianale e quella scientifica e analitica professionalizzandomi nel settore dell’analisi dei materiali degli strumenti musicali. Subito dopo la laurea ho avuto la fortuna di collaborare con un laboratorio dell’Università di Pavia, che da pochissimo tempo si stava occupando di strumenti musicali. Era l’unica realtà sul panorama nazionale in questo specifico settore, ed è lì che ho iniziato a lavorare definendo metodi analitici adeguati allo studio degli strumenti musicali antichi. L’anno successivo è stato aperto a Cremona il Museo del Violino, e ci hanno chiamato per installare al suo interno un nuovo laboratorio di ricerca (Laboratorio Arvedi di Diagnostica non Invasiva dell’Università di Pavia). Nel laboratorio abbiamo definito protocolli e piani diagnostici non invasivi (quindi senza il prelievo di campioni) per lo studio e la documentazione dello stato di conservazione degli strumenti musicali storici. Nell’arco di questi dieci anni abbiamo avuto l’occasione di lavorare su opere di eccezionale importanza (Stradivari, Guarneri, Amati ecc.), tra cui il violino più importante di sempre, il “Messia” 1716, di Antonio Stradivari. Nel tempo libero ho perfezionato i metodi di costruzione affiancando per due anni a bottega un amico liutaio. L’ultima tappa del mio percorso è Torino. Quando mi sono trasferito in questa città ho avuto la necessità di trovare uno spazio, un banco di lavoro per portare avanti la mia attività di liutaio. Mi sono così imbattuto nell’Accademia Liuteria Piemontese San Filippo, in cui inizialmente in cambio dell’ospitalità facevo un po’ di formazione. In seguito mi è stato proposto di prendere in carico il coordinamento dei corsi di formazione che la scuola già organizzava. Abbiamo così ristrutturato l’impostazione didattica inserendo nel percorso di formazione nuovi aspetti scientifici e tecnologici. Stimolare la curiosità anche introducendo concetti scientifici è importante e fondamentale per studiare, comprendere, replicare ed eventualmente perfezionare i metodi storici. E per produrre delle cose nuove e belle.

Che cosa consiglierebbe a chi vuole intraprendere la sua professione?

Per fare il liutaio servono tanta pazienza e tanta passione. Come in gran parte dei lavori dell’artigianato artistico, l’intenzione non può essere quella di arricchirsi. C’è una relazione con la materia, con il tempo, con il musicista che non ha prezzo. C’è una ricerca continua di perfezionamento del proprio lavoro per migliorare la propria opera sia dal punto di vista estetico che timbrico. Il mio motore è la curiosità. Studiare, approfondire, porsi delle domande e soprattutto osservare. Osservando capisci come sono fatte le cose. Capisci quali sono le difficoltà nella loro realizzazione. Alla fine riesci a definire un’estetica personale riconoscibile, e questo dà soddisfazione.

Per la formazione in liuteria la scuola di riferimento per eccellenza è quella di Cremona. Ha una storia di lungo corso, nasce nel 1937, con un’impostazione scolastica solida improntata alla formazione di artigiani, cosa che non esisteva in precedenza. Oltre a quella di Cremona in Italia ci sono altre piccole e grandi realtà formative dedicate alla liuteria. Si impara il metodo ma da lì a realizzare uno strumento che risponda alle esigenze del musicista è necessario affiancare in bottega i professionisti, indispensabile per raggiungere una piena maturità professionale.

LE PROFESSIONI

Costruire uno strumento musicale

La costruzione di uno strumento musicale richiede la collaborazione di diverse figure professionali, oltre a liutai e liutaie:

  • aziende/persone selezionatrici e rivenditrici di legna: la prima fase della costruzione prevede la selezione della materia prima, che in genere viene fatta da persone professioniste specializzate sui legnami. Compito della liuteria è scegliere le essenze più adeguate alla realizzazione del futuro strumento;
  • rivenditori di attrezzatura specialistica: negozi di “ferramenta” specializzata, che dispongono di tutte le attrezzature necessarie alla costruzione di uno strumento (sgorbie, pialle, lime, seghe, misuratori ecc.);
  • persone esperte di restauro: figure specializzate nel restauro degli strumenti musicali, che possono optare per il ripristino funzionale dello strumento o per la sua conservazione;
  • persone esperte di diagnostica scientifica: con cui si interagisce per documentare lo stato di conservazione dello strumento da restaurare, identificando caratteristiche specifiche indispensabili per un corretto intervento. Una delle attività maggiormente richieste sono le radiografie a raggi X per verificare l’assenza di insetti xilofagi (che mangiano il legno) attivi (tarli);
  • soprintendenze: gli strumenti sottoposti a vincolo di tutela della Soprintendenza ai Beni Culturali richiedono iter di intervento di manutenzione o restauro specifici, ed è quindi necessaria l’interazione tra gli uffici delle Soprintendenze e chi effettua il restauro;
  • assicurazioni: alcuni strumenti storici raggiungono quotazioni di mercato di ragguardevole valore, motivo per cui la componente assicurativa riveste un ruolo fondamentale, specialmente per strumenti che viaggiano molto nel mondo;
  • laboratori chimici: la preparazione delle vernici, generalmente composte da un olio siccativo e da una o più resine di origine naturale, è un’operazione che richiede competenze adeguate, anche perché sono reazioni che comportano rischi di incendio ed esplosione;
  • intermediari commerciali che si occupano della vendita degli strumenti in Italia o all’estero
  • musicisti e musiciste, con cui è necessario interagire per collaudare gli strumenti.

CONCETTI IN PRATICA

La storia del “Messia” di Stradivari

Nel 1716 Antonio Stradivari costruì a Cremona un violino, che rimase in bottega fino alla sua morte. Lo strumento venne venduto a un collezionista (Conte Cozio di Salabue) e poi ceduto a Luigi Tarisio nel 1827, che aveva l’abitudine di recarsi a Parigi per vendere gli strumenti della sua collezione. Il nome di questo violino deriva dalle visite di Tarisio nella capitale francese, durante le quali parlava spesso delle “uniche e perfette condizioni” di questo strumento: l’attesa dell’arrivo di questo eccezionale violino veniva dai commercianti paragonata all’attesa del Messia! Lo strumento fu sempre suonato pochissimo per preservarne l’autenticità. Nel XX secolo lo strumento arriva a Londra nel negozio della famiglia Hill. Alfred Hill era solito mostrare lo strumento a grandi virtuosi; nel 1933 fu suonato anche dal fisico Albert Einstein. Lo strumento fu poi donato all’Ashmolean Museum di Oxford, imponendo di non farlo mai più suonare. Nel 2016, grazie alla Fondazione Museo del Violino Antonio Stradivari di Cremona, il violino torna a Cremona dopo trecento anni per un’esposizione temporanea e una campagna diagnostica non invasiva dedicata allo studio delle sue eccezionali condizioni conservative, entrambe finalizzate a condividere nuove informazioni circa lo strumento e l’opera dell’autore con i liutai contemporanei. Il violino “Messia” ha un valore inestimabile, ed è considerato come uno dei più importanti strumenti della storia della musica e della liuteria.