Interviste e percorsi

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Dai tuoi interessi al mondo del lavoro

Dalla storia contemporanea all’attualità: studiare e raccontare il Medio Oriente

Intervista a Farian Sabahi, iranista e islamologa, laureata in Economia aziendale e in Storia orientale

Farian Sabahi è un’islamologa, ricercatrice, scrittrice e giornalista che si occupa di ricerca sul Medio Oriente, Caucaso e Asia Centrale con un approccio e una metodologia multidisciplinare.

INDICE

  • Come si definirebbe?
  • Di che cosa si sta occupando adesso?
  • Che percorso di studio e professionale ha fatto?
  • Che cosa pensa della sua professione?
  • Come pensa si evolverà la sua professione?
  • Quali sono le cose che la appassionano di più?
  • Quali sono le cose che la appassionano di meno?
  • Come rientrano le competenze scientifiche nella sua professione?
  • Con quali altre figure professionali interagisce?
  • Quali libri ha scritto?
  • CONCETTI IN PRATICA - Cos’è il fact-checking o verifica dei fatti
  • LE PROFESSIONI - Che cosa fa chi si occupa di islamologia?

PER APPROFONDIRE

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Come si definirebbe?

Sono iranista e islamologa. Mi occupo di Medio Oriente, Caucaso e Asia Centrale con una metodologia multidisciplinare che tiene conto di storia, economia, aspetti religiosi e culturali, incluse le questioni di genere che mi sono particolarmente care. Ho appena preso servizio a fine dicembre 2022 come ricercatrice senior di Storia contemporanea presso l’Università dell’Insubria. Sono autrice di numerosi volumi. Sono iscritta all’Ordine dei giornalisti del Piemonte e scrivo, principalmente di Iran, per il manifesto e il Corriere della Sera. Sono spesso ospite di trasmissioni radiofoniche e televisive per commentare l’attualità mediorientale e l’immigrazione musulmana in Europa.

Di che cosa si sta occupando adesso?

Il 20 febbraio 2023 inizierò a insegnare un corso di 64 ore di Relazioni internazionali dell’Europa Orientale e del Medio Oriente all’Università dell’Insubria, nella sede di Varese. I miei attuali progetti di ricerca sono principalmente tre, due dei quali sono destinati alla pubblicazione in una rivista scientifica e l’ultimo diventerà un volume. Il primo progetto di ricerca ha come protagonista Ashraf Dehqani, guerrigliera dei Fadaiyan-e Khalq nell’Iran degli anni Settanta, al tempo dell’ultimo scià Muhammad Reza Pahlavi. In seguito all’arresto e alla morte sotto tortura del fratello Behruz, il 13 maggio 1971 anche lei fu arrestata e torturata. Grazie all’aiuto di altri prigionieri, il 25 marzo 1973 Ashraf riuscì a scappare dal carcere di Qasr. Dapprima in clandestinità, ha lasciato l’Iran e dato testimonianza delle sue vicende in un memoir intitolato L’epica della resistenza. Tra le prime aderenti al movimento di guerriglia, nonché fautrice della prima scissione all’interno dei Fadaiyan dopo la rivoluzione del 1979, Ashraf diventò un simbolo politico e sociale, un modello da imitare. Il mio secondo progetto di ricerca riguarda i rapporti tra l’Italia e lo Yemen durante il regno dell’Imam Yahya, nella prima metà del Novecento. Il terzo progetto è la traduzione e la curatela del diario di viaggio di un diplomatico polacco che nel 1926 si recò alla corte di Persia per l’incoronazione di Reza Shah, il fondatore della dinastia Pahlavi.

Che percorso di studio e professionale ha fatto?

Sono nata e cresciuta ad Alessandria, una cittadina di provincia equidistante da Milano, Torino e Genova. Mio padre è iraniano e mia madre piemontese, entrambi appassionati di arte tessile e tappeti. Ho narrato le vicende di famiglia, tra Iran e Piemonte, nel memoir Non legare il cuore. La mia storia persiana tra due Paesi e tre religioni dato alle stampe da Solferino nel 2018. Mi sono laureata in Economia aziendale all’Università Bocconi (1991), avevo 23 anni. Lavorando a tempo pieno, ho conseguito una seconda laurea in Storia orientale all’Università di Bologna (1995). In entrambi i casi mi sono laureata con tesi in Storia economica. Dopodiché ho iniziato un PhD in Storia dell’Iran alla School of Oriental and African Studies di Londra (1999) facendo ricerca su un programma di alfabetizzazione messo in atto dallo scià Mohammad Reza Pahlavi tra il 1963 e il 1979. Il passo successivo è stato un post dottorato sui contratti petroliferi buyback in Iran (2001) e poi un assegno di ricerca sulle zone di libero scambio nel Golfo persico (2002). Nell’autunno del 2002 ho iniziato a insegnare un mio corso, di Storia dell’Iran, presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Ginevra. Ho tenuto corsi presso l’Università Bocconi, l’Università di Torino, l’Università di Ginevra, l’Academy of Diplomacy di Baku e presso la John Cabot di Roma dove sono stata titolare del corso “History and Politics of Iran”.

Che cosa pensa della sua professione?

Fare ricerca è un mestiere bellissimo ma spesso lo svolgi in totale solitudine: ci sei tu, le tue fonti, e nessun altro se non – a fine progetto – un collega che non conosci e giudicherà il tuo lavoro permettendone la pubblicazione, oppure bocciandola. Per quanto riguarda scrivere per i giornali, andare in onda sulle radio e le televisioni è entusiasmante ma veramente impegnativo perché devi essere sempre aggiornata, sempre pronta ad andare in onda con un preavviso – talvolta – di una manciata di secondi. Non sei mai veramente in ferie, non puoi mai staccare veramente. È un mestiere che richiede tanta passione.

Come pensa si evolverà la sua professione?

L’evoluzione c’è già stata, con la pandemia: in caso di necessità, lezioni e interviste si possono fare da remoto, su Skype o con l’ausilio di altre piattaforme. I tempi si velocizzano. Muoversi, andare in Medio Oriente a fare ricerca, è invece diventato sempre più complicato a causa delle guerre – per esempio in Yemen, una delle mie aree di specializzazione - e della repressione di regime in Iran in seguito alla morte della ventiduenne curda Mahsa Amini lo scorso 16 gennaio. Quando ho iniziato a lavorare era tutto più facile, in termini di libertà negli spostamenti e quindi in termini di accesso alle fonti scritte e orali.

Quali sono le cose che la appassionano di più?

Viaggiare, scoprire, fare ricerca negli archivi e anche con una metodologia di Storia orale, ovvero facendo interviste a persone che hanno vissuto un determinato evento storico.

Quali sono le cose che la appassionano di meno?

Le questioni burocratiche, tenere i conti.

Come rientrano le competenze scientifiche nella sua professione?

Dietro al mestiere di ricercatore senior in Storia contemporanea c’è una solida preparazione accademica nella materia e nella metodologia. Nel giornalismo devi rispettare, con rigore, la deontologia e – soprattutto di questi tempi – andare a fondo per verificare le notizie facendo fact checking.

Con quali altre figure professionali interagisce?

In realtà sono un essere solitario, interagisco laddove necessario. Per esempio con i colleghi, in università e nelle redazioni, che comunque frequento poco. E poi con personaggi di ogni tipo: premi Nobel, scrittori, ma anche personaggi umili che con me hanno condiviso il loro sapere, la loro esperienza. Il bello di questi due mestieri – ricercatore e giornalista – è che non ti annoi mai.

Quali libri ha scritto?

Il mio ultimo libro si intitola Noi donne di Teheran (Jouvence, 2022) ed è composto da tre parti: una prefazione sulle proteste in corso in Iran; il reading teatrale che dà il titolo all’opera e che leggo ad alta voce nei teatri accompagnata da brani del compositore torinese Ludovico Einaudi; e una lunga intervista al Nobel per la Pace Shirin Ebadi, avvocato iraniana. I miei libri precedenti sono Storia dello Yemen (Istituto per l’Oriente C.A. Nallino, 2021) e Storia dell’Iran 1890-2020 (Il Saggiatore, 2020). 

CONCETTI IN PRATICA

Cos’è il fact-checking o verifica dei fatti

Il fact-checking o la verifica dei fatti o verifica delle fonti è il lavoro che deve essere fatto in ambito giornalistico per accertare la validità degli avvenimenti accaduti, o dei dati utilizzati per scrivere un articolo di giornale o comporre un discorso. È un lavoro molto importante che ha lo scopo di evidenziare eventuali imprecisioni. Spesso giornalisti e giornaliste si avvalgono di specifiche persone o organizzazioni che svolgono tale tipo di attività.

 

LE PROFESSIONI

Che cosa fa chi si occupa di islamologia?

L’islamologo/a è la figura professionale che studia l’islamologia, ovvero la disciplina che studia la cultura islamica nei suoi vari aspetti e nelle varie epoche storiche. Ha un approccio multidisciplinare alla materia e si occupa di varie discipline tra cui teologia, diritto, storia del mondo islamico, economia.