Interviste e percorsi

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Dai tuoi interessi al mondo del lavoro

La sfida della traduzione

Intervista a Claudia Valentini, traduttrice di libri di narrativa per ragazzi e ragazze

Immagine di copertina per gentile concessione di Claudia Valentini

​Claudia Valentini è traduttrice editoriale di libri per ragazzi e ragazze, dall’inglese, dal tedesco e dal russo verso l’italiano, la sua lingua madre. Lavora da anni come freelance da Berlino per case editrici italiane. «Per la maggior parte sono loro ad affidarmi dei libri da tradurre, ma talvolta capita che sia io, seguendo il mercato editoriale nei vari Paesi in cui si parlano le lingue che conosco, a scovare dei libri bellissimi non ancora tradotti, e a portarli in Italia per la prima volta».

INDICE

  • Che cosa trova più esaltante del suo lavoro?
  • Ci spiega che cosa fa di preciso?
  • Ci racconta meglio come funziona oggi il lavoro nel mondo dell’editoria?
  • Come si svolge una sua giornata tipo?
  • Tra le esperienze che ha maturato, quali sono le più utili per il suo lavoro?
  • Come si arriva a fare il suo lavoro?
  • Che cosa consiglia a chi vuole intraprendere il suo lavoro?
  • CONCETTI IN PRATICA - Ci può fare un esempio di un progetto che ha seguito?
  • LE PROFESSIONI – La traduzione

PER APPROFONDIRE

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Che cosa trova più esaltante del suo lavoro?

Sicuramente la parte linguistica. Io traduco prevalentemente narrativa per bambini, ragazzi e giovani adulti, cioè per la fascia d’età che va dai 3 ai 20 anni. Lavorare per i più giovani significa, oltre a viaggi sempre nuovi nella fantasia, anche essere messi alla prova dal punto di vista linguistico. La sfida entusiasmante è riuscire a rendere i giochi di parole e gli slang in italiano, mantenendone il significato originale. Queste invenzioni mi mantengono “giovane” e questo mi piace sempre molto.

Ci spiega che cosa fa di preciso?

Io sono una traduttrice freelance, nel senso che lavoro in proprio per più case editrici italiane. Dal lato pratico significa che ricevo una proposta di traduzione da una casa editrice, la valuto, e se mi interessa il progetto discutiamo insieme la data di consegna, il calendario, il compenso e via dicendo. Una volta completata la traduzione – che mi occupa qualche mese - la invio all’editor, il quale la spedisce a un revisore, solitamente anch’egli freelance, che la esamina confrontandola con il testo originale. Insieme poi discutiamo eventuali modifiche fino alla versione finale.

Talvolta si verifica l’opposto, e cioè che io scovi un libro interessante in un certo mercato e proponga a una casa editrice di tradurlo in italiano. Questa è una vera e propria attività di scouting, perché richiede di interfacciarmi con agenti, editor o anche con gli autori stessi.

Ci racconta meglio come funziona oggi il lavoro nel mondo dell’editoria?

I traduttori, anzi direi le traduttrici visto che siamo prevalentemente donne, sono quasi per la totalità freelance, cioè libere professioniste che lavorano sì per conto proprio, ma non con partita IVA bensì con cessione dei diritti d’autore verso la casa editrice per la quale traducono. Storicamente, le case editrici avevano i propri traduttori interni, assunti come dipendenti,  mentre oggi è una cosa sostanzialemnte sparita. E infatti le redazioni delle case editrici sono ormai composte da pochissime persone. Di solito gli agenti degli autori stranieri inviano i libri agli editori che per valutarli si avvalgono dei cosiddetti “lettori” che sono figure esterne pagate per leggere il libro e redigerne la scheda di lettura. L’editor poi valuta quanto pervenuto e in caso  ne acquisti i diritti, contatta poi il traduttore.

Come si svolge una sua giornata tipo?

Io lavoro prevalentemente da casa. Da un lato mi piace molto, perché mi consente di lavorare con i miei tempi e ritmi, cosa che nella scrittura è molto importante; bisogna tuttavia fare attenzione a tenere separati i momenti di lavoro dalla vita privata. Il metodo di lavoro durante una traduzione è molto personale: io tendenzialmente prima di tradurre un testo lo leggo tutto; altri traduttori invece non lo leggono affatto, perché conoscere l’andamento e il finale della storia li influenzerebbe troppo mentre traducono. Dal lato pratico, suddivido il lavoro per i giorni che ho a disposizione, che sono solitamente 2-3 mesi per un romanzo per ragazzi che va dalle 150 alle 200 pagine. Ogni giorno mi do un certo numero di pagine nuove da tradurre e rileggo quelle a cui ho lavorato il giorno prima. Poi alla fine faccio almeno un paio di passaggi di revisione. Uno senz’altro confrontando il testo con l’originale, l’altro focalizzandomi esclusivamente sulla resa in italiano. E, soprattutto in questa ultima fase, ma non solo, è molto importante per me la lettura a voce alta, per controllare il “suono” della mia traduzione. Traduco solo verso l’italiano, perché la regola è che un traduttore traduca soltanto verso la propria lingua madre, proprio perché ne padroneggia di più lo stile, le sfumature, il ritmo e il suono stesso.

Tra le esperienze che ha maturato, quali sono le più utili per il suo lavoro?

Quando ero all’università, consideravo quello del traduttore un mestiere molto bohemien: mi immaginavo queste persone lavorare al computer, sempre ispirate e circondate dai libri. Lavorando mi sono resa conto che sì, vi è anche questo lato di creatività e passione, ma ve ne sono anche molti altri. Fare il traduttore significa avere a che fare con aspetti di gestione economica, di management, con questioni commerciali e fiscali. Siamo traduttori, ma siamo anche liberi professionisti che devono stare a galla in un mondo competitivo e pieno di altre persone con le nostre stesse competenze. L’organizzazione del proprio lavoro è cruciale: da saper impostare un proprio calendario, a imparare che non possiamo dire di sì a tutti, ma che dobbiamo essere in grado di  riconoscere i progetti migliori e lasciar andare le possibili “fregature”. Ho imparato con il tempo che oggi in Italia il lavoro del traduttore non è sempre riconosciuto, e che spesso è necessario far valere i propri diritti in sede contrattuale, chiedere delle modifiche qualora le condizioni fossero svantaggiose per noi.

Come si arriva a fare il suo lavoro?

Ho scelto questo lavoro per passione, perché sin da bambina ho sentito un grande amore per le lingue, italiano incluso. Fino all’università però non avevo idea di come declinare questo interesse. Dopo il liceo classico ho frequentato la Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori dell’Università di Bologna con sede a Forlì, immaginando che avrei tradotto – appunto – le competenze che stavo acquisendo in un ambito più commerciale, o che sarei potuta diventare traduttrice presso qualche azienda. Poi un giorno è arrivata l’illuminazione. Una mattina una docente ci propose di tradurre l’incipit di Matilda di Roald Dahl, un famoso libro per ragazzi. Fu amore a prima vista. Avevo capito che preferivo la traduzione all’interpretariato, ma quello fu il momento in cui compresi che la narrativa per ragazzi poteva essere la mia strada, anche se ricordo che la docente esordì dicendo chiaramente che era il percorso più difficile, perché i traduttori erano molti e tutti freelance, e che significava non avere un lavoro sicuro. Forse anche per questo volli raccogliere la sfida.

Terminata la laurea specialistica ho seguito vari corsi in Italia, durante i quali ho avuto modo di pubblicare le prime traduzioni collettive, ovvero insieme agli altri studenti e al docente. Accanto a questo, ho iniziato a collaborare con studi editoriali, realtà che offrono alle case editrici il “pacchetto completo”, ossia traduzione, correzione di bozze e revisione. In questo modo si può cominciare a rimpolpare il proprio curriculum di libero professionista.

Un’altra dinamica frequente è che un traduttore senior suggerisca un esordiente alla casa editrice a cui deve consegnare una traduzione. Alla stessa cifra il traduttore senior fa eseguire la prima traduzione all’esordiente assicurandone la revisione, trattenendosi una parte del compenso. In questo modo sono tutti contenti: la casa editrice ha un prodotto di qualità, il traduttore senior può “firmare” una traduzione che magari non avrebbe avuto tempo di seguire da solo, mentre il giovane esordiente ha un contatto diretto con la casa editrice, cosa praticamente impossibile inviando semplicemente un CV via email.

Un’altra strada che si può percorrere come traduttore è quella di diventare prima lettore e una volta che la collaborazione è solida si possono avanzare delle proposte di traduzione.

Che cosa consiglia a chi vuole intraprendere il suo lavoro?

Assoluta determinazione, perché non si arriva a lavorare con una casa editrice per caso. Sono tante le persone oggi con solide competenze linguistiche: serve qualcosa in più. Un consiglio che mi sento di dare è di specializzarsi in un settore, per non proporsi come “traduttori” generici.  Se si hanno specializzazioni – che può significare anche un blog tematico - è più facile entrare in contatto con una casa editrice. È fondamentale inoltre conoscere il mercato editoriale e i processi del libro. Un ulteriore aspetto che non si racconta mai è che la cosa fondamentale non è conoscere bene le altre lingue, ma la propria lingua madre. Questo significa leggere tantissimo, anche in italiano.

CONCETTI IN PRATICA

Ci può fare un esempio di un progetto che ha seguito?

Due progetti per me molto importanti sono i libri tradotti per la casa editrice Terre di Mezzo. Il primo è L'amore sconosciuto di Rebecca Stead e l’altro è Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll. Cito questi due libri perché con il primo siamo arrivati in finale al Premio Strega Ragazze e Ragazzi nel 2020, e per me è stata un’emozione bellissima. Ho avuto modo di incontrare l’autrice e tutti gli altri finalisti, autori e traduttori compresi, nonché altri scrittori molto noti. Avrei anche dovuto partecipare a incontri con le scuole, con i ragazzi, festival e altre attività collaterali che però sono saltate per colpa della pandemia. Peccato. Peccato anche che non abbiamo vinto! Dico “abbiamo” perché il premio sarebbe andato anche a me in qualità di traduttrice. Rimane comunque un bellissimo ricordo. L’altro libro, capolavoro della letteratura, lo cito perché quando mi è stato proposto da Terre di Mezzo non ci volevo credere. In tutto il mio percorso universitario e di formazione per diventare traduttrice editoriale, Alice nel paese delle meraviglie ci è stato proposto in tutte le salse da tutti i docenti perché è un libro che pone delle sfide immense alla traduzione. Pensando poi ai grandi nomi che si sono cimentati prima di me in questa impresa, ero pronta a desistere. Ma, come ho già detto prima, le sfide mi piacciono molto. Così mi sono buttata!

LE PROFESSIONI

La traduzione

La traduzione è un’attività che viene svolta principalmente come libera professione o all’interno di strutture editoriali specializzate nella traduzione. Chi traduce solitamente si interfaccia con il committente, per esempio un’azienda editoriale, informatica o di videoproduzione, attraverso responsabili editoriali o di produzione.

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