Interviste e percorsi

Interviste e percorsi

Dai tuoi interessi al mondo del lavoro

Il trucco del colore perfetto

Intervista a Viviana Corvaja, biologa responsabile di ricerca e sviluppo in un’azienda cosmetica

Immagine di copertina per gentile concessione di Viviana Corvaja

Biologa di formazione, con un passato nella ricerca all’Università Bicocca di Milano e una passione, da sempre, per il make-up, Viviana Corvaja si è portata dal laboratorio il metodo scientifico che applica con rigore anche nella produzione di rossetti, mascara e fondotinta, per Nevus, in un’azienda cosmetica per la quale è responsabile di ricerca e sviluppo e colorista, cioè, di fatto, uno strumento umano.

INDICE

  • Ci racconta come è arrivata a fare quello che fa?
  • Ci racconta che cosa significa e in che cosa consiste il suo lavoro?
  • Nel suo lavoro quanto pesano le due componenti, artistica e scientifica, in proporzione?
  • I cosmetici li provate in prima persona?
  • Difficoltà?
  • Come si diventa coloristi? Esistono percorsi di formazione specifici?
  • SCIENZA IN PRATICA – Di che cosa parliamo quando parliamo di perle nei cosmetici?
  • LE PROFESSIONI

PER APPROFONDIRE

  • Obiettivo: ricerca e produzione chimica – Scopri percorsi di studio e sbocchi professionali

Il suo lavoro è la dimostrazione che il rigore della scienza può convivere con la creatività e con una certa componente artistica. Ci racconta come è arrivata a fare quello che fa?

I colori, la pittura e il disegno mi hanno sempre appassionata. Da piccola con fogli, matite e pennelli e poi, da più grande, con il trucco. Mi piaceva l’idea di poter usare il viso come tela per le mie creazioni. Per molto tempo sono stata tentata di intraprendere un percorso di studi artistico, ma l’altra mia passione, quella per la scienza e per la comprensione del funzionamento delle cose, ha avuto la meglio. Mi sono iscritta a Biologia e per tre anni dopo la laurea ho fatto ricerca in università dove mi occupavo di studiare la tossicità del particolato atmosferico usando come modello le colture cellulari. All’epoca non immaginavo che un giorno mi sarei trovata a formulare cosmetici anti-pollution, cioè che hanno un effetto protettivo sul particolato atmosferico, e a valutare le materie prime sulla base di quegli stessi test che conducevo io in laboratorio.

Nonostante mi piacesse molto fare ricerca non sono però mai riuscita ad abbandonare i colori, quindi ancora durante gli studi mi sono iscritta a un corso professionale per make-up artist, portando avanti una sorta di doppia vita di ricercatrice e truccatrice. La svolta vera è arrivata quando ho scoperto dell’esistenza di un corso di perfezionamento post-laurea in scienze cosmetiche. Mi è sembrato da subito il coronamento di un sogno, qualcosa che tenesse assieme entrambe le mie passioni. Da lì in avanti il percorso è stato molto più lineare e mi ha portata a essere quello che sono oggi, passando di azienda in azienda e acquisendo, nel tempo, esperienza.

Si dice che le persone che fanno la professione di colorista sono “strumenti umani”. Ci racconta che cosa significa e in che cosa consiste il suo lavoro?

Quelli che comunemente chiamiamo trucchi, come i rossetti, gli ombretti, i fondotinta eccetera, sono cosmetici particolari che hanno una caratteristica fondamentale che salta subito agli occhi: il colore. Spesso il colore è il punto di partenza, scelto sulla base della moda del momento oppure indicato da un cliente. Capita che arrivino da noi con pezzi di stoffa, ritagli di giornale, oggetti di vario tipo e ci dicano che vogliono un rossetto che abbia proprio quel colore lì. Quindi noi dobbiamo “vedere” quel colore e immaginarci quali pigmenti e in quali proporzioni potranno restituirlo. Hanno provato a sostituirci con degli spettrofotometri, ma al momento nessuna macchina è in grado di fare il nostro lavoro, perché il colore di un rossetto o di un fondotinta, non è semplicemente definibile dallo spettro di assorbimento della luce. Entrano in gioco caratteristiche come il sottotono, quella che in gergo chiamiamo “fiamma”, o come le varie finiture, dall’opaco allo scintillante. Insomma, al momento le macchine non ce la fanno, ma l’aspetto più complesso e difficilmente riproducibile è forse il passaggio dall’osservazione all’intervento. Il colorista, infatti, deve calcolare al volo la correzione da apportare a una miscela per portare il colore testato ad assomigliare sempre di più allo standard di riferimento approvato dal cliente.

Nel suo lavoro quanto pesano le due componenti, artistica e scientifica, in proporzione?

È difficile dare delle percentuali, ma direi che sono entrambe indispensabili. Tutta la componente estetica arriva dalla conoscenza della teoria dei colori e dall’esperienza maturata lavorando. Tutti sappiamo, per esempio, che se mescoliamo un giallo e un blu otteniamo un verde. Pochi sanno che se devo bilanciare un rosso troppo rosato devo aggiungere del giallo. Sono regole che si imparano, così come si impara a vedere e prevedere l’effetto di un prodotto su pelli di colori diversi e a correggere il colore per dare, per esempio, più luminosità.

La formazione scientifica e la conoscenza approfondita degli ingredienti entra in gioco nel momento in cui si deve prevedere il comportamento di un ingrediente nella miscela. Usare un pigmento per fare una polvere, come un ombretto, è molto diverso dall’usarlo per fare un rossetto, banalmente perché il colore cambia da secco a bagnato, ma cambia anche in base al solvente che si utilizzerà o al pH della miscela. Inoltre, i pigmenti non sono tutti uguali e, per esempio, assorbono gli oli in maniera diversa o possono essere più o meno difficili da disperdere. Noi dobbiamo conoscerli tutti e saper correggere le quantità di conseguenza. Il colorista, inoltre, deve essere in grado di leggere le strutture delle molecole per capire a livello teorico prima e pratico poi come si comporteranno. Guardando la struttura di un silicone, per esempio, io so se si potrà miscelare con un olio vegetale o se invece serviranno solventi a base di idrocarburi. Così come devo conoscere concetti di fluidodinamica per capire come si comporterà un prodotto liquido sottoposto alla forza di un dosatore e magari giocare anche con le consistenze ideando un prodotto all’apparenza molto viscoso ma che diventa impalpabile nel momento in cui viene toccato con le dita. Allo stesso modo le conoscenze di fisica, e di ottica in particolare, mi permettono di comprendere il comportamento di quelle che noi chiamiamo perle.

Da come lo descrive è un lavoro che richiede rigore e creatività, ma traspare molto bene la componente sensoriale. I cosmetici li provate in prima persona?

Assolutamente sì. Anzi, ritengo che aver seguito un corso professionale per make-up artist mi abbia dato quel qualcosa di più che mi permette di interpretare i gusti dei miei clienti e prevedere le possibili criticità dei prodotti. Il mio è un lavoro multisensoriale e quando mi capita di valutare delle candidature uno degli elementi che cerco sempre di far venire fuori è proprio la passione per il cosmetico perché è con l’uso del prodotto che si sviluppa la sensibilità necessaria a fare questo lavoro.

Difficoltà?

Noi in laboratorio siamo tecnici e badiamo molto ad aspetti come il pH di un prodotto o la stabilità nel tempo e a diverse temperature di utilizzo, perché sappiamo che queste componenti vanno a influire sulla resa finale. Chi valuta il nostro lavoro, però, non è tecnico e dà molto più peso all’estetica. Il difficile, ma anche il bello, di questo mestiere è proprio la ricerca dell’equilibrio tra questi due aspetti, arrivando a un prodotto che piaccia ai nostri clienti, ma che sia anche perfetto sul piano tecnico.

Come si diventa coloristi? Esistono percorsi di formazione specifici?

Come spesso capita nel mondo dell’industria cosmetica non esiste un percorso ben definito e credo di esserne un esempio. Per fare i coloristi non è necessario, per esempio, avere una laurea in una materia scientifica, ma per poter fare bene questo mestiere è fondamentale avere una conoscenza approfondita della chimica che può derivare da un percorso di studi strutturato, oppure dall’esperienza in azienda unita allo studio individuale. È poi molto importante avere una passione per i colori e saperli “vedere” come li vediamo noi, quindi coglierne le sfumature, i toni, le differenze che a un occhio non allenato possono essere impercettibili. È un lavoro che ha una grande componente artigianale e che richiede una certa attitudine alla collaborazione con gli altri e una sensibilità per intercettare i desideri del cliente e riuscire a tradurli e trasferirli nel prodotto.

SCIENZA IN PRATICA

Nel linguaggio comune le perle le associamo alle ostriche, ma di che cosa parliamo quando parliamo di perle nei cosmetici?

Le perle sono una famiglia enorme di pigmenti complessi che sono accomunati dalla caratteristica di luccicare e dare tridimensionalità al colore sfruttando da un lato la composizione e dall’altro il variare delle dimensioni, a cui seguono effetti anche al tatto molto diversi che vanno dalla coprenza totale, quasi fosse una seconda pelle, delle perle che hanno come base l’alluminio, fino ad arrivare ai punti luce dei glitter.

A parità di composizione chimica, per esempio, noi possiamo avere effetti molto diversi fra loro. Nelle cosiddette perle a interferenza costituite solo da ossido di titanio e mica, entrambe polveri bianche, si possono ottenere colori diversi in base allo spessore degli strati delle due componenti grazie a gioco di ottica.

In altri casi, la fisica entra in gioco con la granulometria, quindi a parità di composizione chimica potremo avere risultati più o meno scintillanti. Ma abbiamo a che fare con la fisica anche con le perle in borosilicato che cambiano colore a seconda dell’angolazione dello sguardo.

 

LE PROFESSIONI


Un’azienda in cui si fa ricerca cosmetica cooperano diversi reparti con funzioni diversi, tra cui quelli che si occupano di:

  • ricerca: in cui lavorano le persone che si occupa di studiare la formulazione dei prodotti, generalmente hanno una laurea in chimica, chimica e tecnologia farmaceutica o biotecnologie
  • controllo qualità: in cui lavorano persone che si occupano della ricerca e degli aspetti tecnici dell’analisi di campioni delle materie prime in entrata e dei lotti di produzione in uscita, per verificarne stabilità e sicurezza
  • regolatorio: a cura di chi si occupa degli affari regolatori e ha competenze tecniche e scientifiche, ma anche una conoscenza approfondita dei regolamenti. Fa da ponte tra clientela e laboratorio, verifica che le formule siano conformi al Paese di esportazione e alle richieste della committenza. Generalmente ha una formazione scientifica, prevalentemente in ambito chimico
  • markeging: è il reparto che studia i trend e decide quali prodotti possono essere sviluppati, anticipando, o spesso creando, le mode; lavora a stretto contatto con il laboratorio e con il regolatorio per studiare idee che siano realizzabili. Chi lavoro in questo settore generalmente ha una formazione specifica in ambito marketing
  • produzione: in questo reparto c’è il personale operaio e tecnico addetto ai vari passaggi, dalla pesatura, al caricamento delle materie prime nelle macchine, a chi si occupa del magazzino
  • commerciale: in questo ufficio ci sono diverse figure che vanno da chi si occupa delle vendite vere e proprie, che va dalla clientela a proporre linee e prodotti, a chi in azienda si occupa di project management e ha una formazione più tecnica e scientifica e fa sì che tutta la filiera di produzione del cosmetico funzioni.

Per approfondire prospettive occupazionali e percorsi di studio, leggi Obiettivo: ricerca e produzione chimica.

Aggiornato al 21 marzo 2022