Interviste e percorsi

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Dai tuoi interessi al mondo del lavoro

Dall’intelligenza artificiale ai videogiochi

Intervista a Marco Mazzaglia, informatico e video game evangelist

Immagine di copertina per gentile concessione di Marco Mazzaglia

Marco Mazzaglia si è laureato in Scienze dell'informazione all’Università di Torino con una tesi sull’intelligenza artificiale e gli agenti intelligenti ed è video game evangelist in un’azienda che si chiama Synesthesia. Si occupa di tutti i progetti che riguardano i videogiochi o l’utilizzo di essi nel campo della formazione, i cosiddetti applied game, oppure nel campo del marketing, gli advergame. È inoltre docente di Game design e gamification al corso di laurea magistrale in Ingegneria del cinema e di informatica. Ci racconta che quando stava per laurearsi tutti gli dicevano che il campo che si era scelto, quello dell’intelligenza artificiale, sarebbe stato completamente inutile. E invece…

INDICE

  • Dove e quando è nata la sua passione?
  • Com’è arrivato fino a qui? Ci racconta il suo percorso?
  • È stato proprio in questa azienda che è diventato video game evangelist. Ci aiuta a capire di che cosa si tratta?
  • Dal punto di vista pratico, di cosa si occupa?
  • Perché le piace tanto il gioco?
  • Che cosa consiglia a chi vuole fare il suo lavoro?
  • SCIENZA IN PRATICA – Quali competenze scientifiche utilizza nel suo lavoro?
  • LE PROFESSIONI – Sviluppare videogiochi

PER APPROFONDIRE

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  • Scopri dove si studia informatica

Dove e quando è nata la sua passione?

Sono sempre stato un bambino che si stufava facilmente e cercava continuamente di costruire dei mondi nuovi a partire dai giochi che aveva. Da piccolo mischiavo i giochi di società per farne di nuovi con nuove regole e nuove storie e a un certo punto a quattro anni e undici mesi ad agosto del 1979 in Sicilia mentre ero nel piccolo paese dei nonni ho visto il mio primo videogioco: per me è  stata una folgorazione immediata! Mio padre, poi, ha iniziato a portarmi giochi elettronici che comprava nei suoi viaggi in America e a otto anni ho avuto il mio primo computer con il quale ho iniziato a programmare giochi. Da lì mi si è aperto un mondo. Dopo tre mesi i miei genitori mi comprarono il Commodore 64 che, per i tempi, era uno sforzo economico davvero importante, ma avevano capito che non mi sarei stufato in fretta. Dicevano che avevo una luce negli occhi diversa. Da lì a poco avrei trasformato quella luce nel mio lavoro.

Com’è arrivato fino a qui? Ci racconta il suo percorso?

Il mio percorso è stato abbastanza regolare. Ho iniziato con il liceo scientifico perché mi piaceva la matematica, ma non posso dire di aver vissuto bene quegli anni. Ero molto concentrato sui voti,  pensavo di non essere all’altezza e disperdevo un sacco di energie. Arrivato in quinta, studiando gli scrittori francesi, ho scoperto che potevo avere un altro approccio allo studio e cercai di scoprire che cosa le diverse materie potessero dirmi della mia vita: quell’esperienza mi fece vedere le cose in modo diverso e mi fece capire quanto potesse essere bello studiare. Finito il liceo, oltre alla passione per i videogiochi avevo sviluppato il desiderio di fare qualcosa per gli altri. Trovai il percorso universitario che faceva per me: si chiamava Filosofia e analisi delle lingue informatiche e metteva insieme una parte umanistica orientata all’intelligenza artificiale e l’informatica. Peccato che proprio nell’anno in cui mi sarei dovuto iscrivere io quel corso è stato eliminato. Ho quindi ripiegato su Scienze dell’informazione e all’inizio è stata abbastanza dura. Il mio approccio è cambiato quando sono diventato rappresentante degli studenti. Questa esperienza mi ha permesso di conoscere alcuni docenti straordinari che sono diventati miei maestri di vita.

Durante gli studi ho avuto l’opportunità di entrare in una cooperativa che offriva servizi informatici agli enti non profit: è stata una bella occasione per capire come applicare quello che stavo imparando anche a un’altra realtà. Tante cose diverse, ma mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle ho iniziato a capirne il senso. Dopo la laurea cercavo un lavoro che mi permettesse di fare anche qualcosa di utile per gli altri e tra le tante opportunità ho scelto di lavorare in un’azienda che si occupava di servire nel modo più rapido possibile le segnalazioni di emergenze. Dopo sette anni ho trovato un’offerta di lavoro per Milestone, l’azienda di videogiochi più grande e importante del nostro Paese, ho deciso di mandare la mia candidatura senza pensarci troppo.

È stato proprio in questa azienda che è diventato video game evangelist. Ci aiuta a capire di che cosa si tratta?

Sono entrato in Milestone come IT manager, un ruolo tecnico di gestione dei sistemi informativi e, per la produzione, di sviluppo delle architetture che permettono il gioco online, ovvero fare in modo che le persone in varie parti del mondo possano giocare insieme. Nel 2008 alla View Conference, un evento internazionale dedicato al cinema e ai videogiochi che si svolge ogni anno a ottobre a Torino, sono stato contattato da una docente di un istituto tecnico per periti informatici che mi ha invitato a raccontare il mio lavoro ai suoi studenti di terza e quarta. Andò molto bene, al punto che poi iniziai a essere chiamato a parlare nelle università e in altri eventi. Un giorno la persona responsabile delle risorse umane mi convocò all’improvviso. Io già pensavo che ci fosse qualche messaggio funesto, ma si trattava invece della comunicazione che ero stato nominato video game evangelist, cioè la persona che sarebbe andata in giro a raccontare l’azienda con l’obiettivo anche di coinvolgere persone giovani in gamba interessate a lavorare con noi. Quel titolo mi è rimasto ancora adesso che lavoro a Synesthesia.

Dal punto di vista pratico, di cosa si occupa?

Dal punto di vista delle attività, il lavoro è molto vario. Da una parte come direttore tecnico dell’Academy della mia nuova azienda penso al contenuto e alla realizzazione tecnica dei nostri corsi che hanno come base l’utilizzo del videogioco o della gamification come strumento per aumentare il coinvolgimento dei discenti. Sto svolgendo poi un lavoro di ricerca che utilizza le reti neurali per mitigare i problemi di connessione durante il gioco online. Lo faccio rappresentando Synesthesia dentro un’organizzazione in cui sono presenti aziende e università da tutto il mondo fondata da Leonardo Chiariglione, uno dei “papà” dell’MP3.

Perché le piace tanto il gioco?

Perché il gioco è un’esperienza che coinvolge totalmente e permette di vivere e vedere reazioni emotive in un modo protetto e sicuro. Il gioco consente di immedesimarsi in ruoli che molto difficilmente si potrebbero avere nella realtà. Senza i videogiochi non sarei mai potuto diventare un super allenatore di calcio! Il gioco è utile dal punto di vista formativo e può anche avere un impatto sul benessere psicofisico e sulla salute. Esistono giochi per tutte le fasi della vita.

Che cosa consiglia a chi vuole fare il suo lavoro? Ci sono elementi al di là del corso di studi che possono essere rilevanti per la sua professione?

Sicuramente, uno degli elementi più importanti è cercare di individuare le proprie passioni e provare a seguirle. Si tende a pensare che i videogiochi siano una perdita di tempo, ma in realtà possono essere uno strumento prezioso non solo per soddisfare il bisogno di leggerezza e divertimento, ma anche per la formazione a tutte le età. A me piace pensare che il mio lavoro possa essere utile per gli altri e magari anche dare un piccolo contributo per cambiare il mondo in cui viviamo. Ripenso sempre alla frase mio padre: “È importante alzarsi la mattina e andare al lavoro contenti di quello che sta facendo”. Lo auguro a tutti.

SCIENZA IN PRATICA

Quali competenze scientifiche utilizza nel suo lavoro?

Può sembrare strano, ma questo lavoro così divertente e affascinante si basa quasi totalmente sulla matematica, dall’algebra all’informatica teorica più ostica. Avere una formazione scientifica mi aiuta a "unire i puntini", cioè a inquadrare i diversi problemi e trovare indizi e modalità che permettano di risolverli nel modo più efficiente e duraturo.

Il mondo dei videogiochi è in continua evoluzione, nel corso degli anni nascono sempre nuovi linguaggi e nuove tecnologie, e il patrimonio di conoscenze che ho acquisito nel mio percorso scientifico mi permette di rimanere sempre aggiornato. È difficile ricondurre questa attitudine a un singolo concetto o a uno specifico corso, ma credo che quella che ho costruito con i miei studi sia una forma mentis che mi permette di trovare sempre la chiave giusta per affrontare i problemi.

 

LE PROFESSIONI

Sviluppare videogiochi

Lo sviluppo di videogiochi richiede la collaborazione di diverse figure professionali:

  • programmatori e programmatrici: le persone che si occupano dello sviluppo del gioco in termini di codice
  • artiste e artisti 2D/3D: si occupano di costruire le risorse grafiche di un videogioco, di un applied game, di un sito.
  • audio designer/compositori e compositrici: scelgono e mixano effetti sonori e compongono musica che si possa adattare alle possibili situazioni di gioco
  • user experience designer: è la persona che immagina come l'utente navigherà nel gioco o nell'applicazione, è quella che fa comunicare il gioco con l'utente in modo che l'utente possa capire che cosa sta succedendo e agire di conseguenza
  • game designer: si occupa della progettazione delle meccaniche di gioco e di che cosa può essere divertente e interessante proporre; ci sono diversi ruoli vicini al game designer quali il/la narrative designer che si impegna a scrivere una storia che possa "servire" sia la parte di interazione divertente sia una storia emotivamente intrigante
  • tester/QA(quality assurance): è la persona che verifica i contenuti del gioco e la sua correttezza, comunicando i bug eventuali trovati
  • producer/project manager: sono le persone che controllano i costi e le tempistiche del progetto;  fanno da collettore di tutte le richieste dei differenti reparti e li coordinano
  • personale dell’ufficio commerciale: sono le persone che vendono le applicazioni dell'azienda o intercettano delle necessità del mercato che diventano successivamente progetti
  • personale del marketing: si occupano di promuovere tutto quello che si fa in aziende oppure di seguire la clientela che chiede di promuovere i loro prodotti
  • persone della comunicazione: hanno la responsabilità della “voce” dell'azienda e dei prodotti sulla rete e sui diversi canali di comunicazione